Mons. Giorgio Bertin ci ha trasmesso l’intervista che riportiamo: Sono tornato a Mogadiscio con il nunzio, Mons. Camilleri. Tra il 10 e il 12 dicembre abbiamo avuto incontri con il Presidente del Parlamento somalo, con il Ministro degli Affari Religiosi e con il Ministro degli Interni. Naturalmente si è parlato di siccità e degli interventi di Caritas Somalia, ma anche di relazioni islamo-cristiane, e della presenza della Chiesa e della Caritas nel paese. Abbiamo anche invitato il Ministro degli Affari Religiosi a compiere una visita a Roma.

Lo scenario della Somalia è quello di uno Stato dove siccità, insicurezza e carestia colpiscono gran parte della popolazione, soprattutto i più vulnerabili e tra questi i minori. Ogni singolo minuto di ogni singolo giorno, un bambino viene ricoverato in una struttura sanitaria per il trattamento della malnutrizione acuta grave.

Quello della carestia è “un dramma ricorrente in Somalia”, spiega monsignor Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti.

L’accesso nel Paese per incontrare le persone più vulnerabili, aggiunge il presule, è continuamente ostacolato dal terrorismo e dalle minacce agli operatori umanitari e alle agenzie della comunità internazionale.

Nell’intervista rilasciata a Vatican News monsignor Giorgio Bertin ricorda, innanzitutto, la visita a Mogadiscio all’inizio del mese di agosto, insieme con la direttrice di Caritas Somalia e con il nunzio apostolico monsignor Antoine Camilleri per incontrare le realtà locali e l’incaricato speciale del presidente della Repubblica Federale Somala.

Un dramma “ricorrente in questo Paese”: “ogni 8, 10 anni – spiega monsignor Bertin – abbiamo delle crisi legate alla siccità e quindi alla carestia”.

Come medici da remoto. A questo si aggiunge l’azione, da parte di fondamentalisti islamici, contro le istituzioni statali attuali: gruppi, come Al Shabaab, “rendono la vita estremamente difficile ai cittadini somali ma anche a coloro che vorrebbero dare una risposta fornendo un aiuto alla gente”. Si formano quindi diversi campi per sfollati e, in alcuni di questi, possono accedere autorità locali, agenzie della comunità internazionale, varie organizzazioni umanitarie e le Caritas. “Andando a Mogadiscio ad agosto, – conclude monsignor Bertin, – siamo rimasti nella zona aeroportuale e, grazie alla scorta che ci è stata fornita, siamo riusciti ad incontrare alcune persone”.

L’allarme dell’Unicef. Un bambino al minuto viene ricoverato per malnutrizione acuta grave, e i bimbi gravemente malnutriti hanno probabilità fino ad 11 volte maggiore di morire di diarrea e morbillo rispetto a bambini ben nutriti.

La carestia colpisce anche gli sfollati. L’appello ai donatori è per 2,26 miliardi di dollari (rispetto ai precedenti 1,46 milioni) per assistere 7,6 milioni di persone, oltre due milioni in più rispetto al recente passato.

Il nodo dell’insicurezza. In questo drammatico scenario si inserisce anche il tema della sicurezza. Questa settimana 8 civili hanno perso la vita in due attentati dinamitardi. Finora, nessuna dichiarazione ufficiale è stata rilasciata in merito alle esplosioni. A New York si riunirà il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per affrontare la situazione in Somalia.

Intervista tratta dal sito di Vatican News:
www.vaticannews.va