fr Alfonso Pupo, Giappone.
Sto bene, rispetto a quel che ho passato, ma non troppo (7 operazioni in 3 anni, ultima in luglio per aorta dissecata). Ricordo la vecchia missione di Kushiro, sono rimasto l’unico di quel tempo (26-27 anni fa); rientrato in Giappone dopo 10 anni in Cina sono rimasto preso nel periodo Covid di chiusura di tutte le attività.
La gente che frequenta è in percentuale forse più alta dell’Italia, attualmente c’è però poco più che la Messa domenicale. Mancano i giovani e personalmente ho pochi contatti con i fedeli perché si fermano poco dopo la Messa.
Ministro: Che futuro vedi per la Chiesa in Giappone?
Alfonso: C’è il passaggio dalla mentalità dei vecchi missionari pre-concilio, da poco passato il sinodo della Chiesa giapponese, tutto va a rilento. Emergono le generazioni nuove, pochi, ma convinti. Importanti le scuole materne, anche se in calo di bambini. Occorrerebbe istruire le maestre sulla formazione cristiana.
Pochi frati, età media 72, cambiamenti in vista col nuovo anno, proposta di incontri extra-Messa. Siamo 2+1 (che sta a 140 km per 5 parrocchie). Difficile penetrare nella cultura, più che la lingua. Es. con il tuo “spirito”: in Giappone fa pensare ai morti! Importante curare l’accoglienza e l’incontro con le persone (i missionari andavano nelle case dei fedeli)
Fr. Pietro: Com’è la situazione vocazionale per sacerdoti e religiose?
Alfonso: 40 anni fa erano tantissimi i religiosi; oggi anche qui si fanno le unità pastorali, si celebrano sostanzialmente le Messe. Da un’opposizione a ricevere altri missionari adesso i frati accoglierebbero dal Vietnam, Corea, Filippine, Brasile (per giapponesi rientrati dal Brasile). Però questi frati non dovrebbero solo fare i cappellani delle loro comunità, ma integrarsi nella realtà giapponese.
Sento che la mia missione non è solo dare i Sacramenti, bisogna insistere sulla fraternità per noi francescani. I giovani frati sono “schiacciati” dal lavoro negli istituti scolastici e hanno poca possibilità di investire sulla vita fraterna.