Svolgo il mio ministero domenicale in parrocchia a Ikonda, formata da 15 villaggi in un territorio vasto, il più lontano è a 2 ore di auto; alcuni villaggi a causa delle piogge sono difficilmente raggiungibili, ma ci sono i catechisti che assicurano la catechesi e la liturgia, visita ai malati, anche funerali. Nella parrocchia centrale ci sono 3-400 persone alla Messa festiva. Sono presenti anche tante comunità evangeliche, con cui i rapporti sono difficili ma senza tensioni; lo stesso anche rispetto ai mussulmani. La nostra diocesi è sede vacante da anni, si aspetta il nuovo Vescovo a luglio. Ci sono 35 diocesi in Tanzania con 40 vescovi, tutti africani. A Dar es Salaam abbiamo 2 parrocchie francescane e poi ci sono 2 case di formazione; ci sono anche i frati Rinnovati di Palermo; ci sono i Cappuccini, anche un Vescovo, presenti dalla fine della grande guerra. I testi liturgici in lingua locale sono stati curati dai Benedettini.
In settimana sono presente in ospedale, insieme a medici tanzaniani e volontari italiani e spagnoli; come religiosi ci sono i padri della Consolata (2 amministratori, un cappellano basco e un frate manutentore); a poca distanza hanno la casa le Benedettine e le Salesiane. Alle 17 si celebra il rosario e poi la Messa; il lavoro all’ospedale inizia alle 8 del mattino. Ci sono 350 posti letto e altrettanti vengono giornalmente per l’ambulatorio, soprattutto a inizio settimana: i malati vengono da città lontane, anche con 12 h di viaggio da Dar. L’ospedale è in stile occidentale, con gli specialisti nei vari reparti; c’è anche un cappellano protestante.
Sul versante delle famiglie, la situazione delle coppie è di stare insieme e di chiedere dopo molti anni il matrimonio religioso. Qui il compito della donna è fare figli (magari con padri diversi), il legame forte con il marito viene secondo, un amore a vita non è tanto pensabile. La popolazione è molto giovane: l’età media è 18 anni! Esiste una pastorale nelle scuole superiori, ma con l’età “degli amori” i giovani spariscono. Pochi emigrano verso l’Europa, anche se la vita in Tanzania è spesso di sussistenza. Fr. Giacomo Bini insisteva sull’inculturazione ma adesso si tratta anche dell’interculturalità nella Chiesa in cui si dà e si riceve, in un Cristianesimo tradotto nelle diverse culture. Le conversioni verso il Cristianesimo non arrivano dall’individuo ma dipende dalla famiglia; la fede qui è un fatto molto corale e meno individuale che da noi, dove impera un individualismo che però non ha futuro. “L’uomo nella prosperità non comprende…”
Ci vediamo a settembre quando torno …