In questa quarta domenica di Quaresima siamo chiamati nuovamente alla conversione e a non rimanere scandalizzati di fronte alla familiarità di Gesù con i peccatori. E Gesù, per farci comprendere come il suo modo di essere e di agire è in sintonia con l’agire stesso di Dio Padre, narra una serie di parabole, tra cui quella del Figliol prodigo o del Padre misericordioso.

Protagonisti di questa ultima parabola non sono prima di tutto i figli, ma la figura di questo padre che si presenta in un modo illogico e fuori dagli schemi comuni. E questa “stranezza” la possiamo cogliere nei comportamenti che caratterizzano proprio i figli, i quali, se da un primo sguardo sembrano diversi, in realtà si assomigliano un po’.

Da una parte il figlio minore che, pur di conquistare la sua libertà, non fa altro che celebrare il funerale al padre mentre è ancora vivo. E quante volte lo abbiamo fatto anche noi nella relazione con amici, genitori o addirittura con il Signore, pensando che essere liberi volesse dire “fai ciò che vuoi”. Di fatto poi, come quel giovane che ha sperperato l’eredità, siamo rientrati in noi stessi e ci siamo resi conto che quella libertà era falsa e ci aveva resi schiavi e infelici, portandoci lontani da quella vera libertà che dona Vita a ogni persona. Proprio per questo il figlio intraprende la via del ritorno a casa, dove ad attenderlo non c’è un padre arrabbiato; al contrario, trova un uomo che con affetto gli ridona la sua vera identità e quest’accoglienza lo segna, a tal punto da rimanere senza parole… nemmeno riesce a pronunciare il discorso che si era preparato!

Dall’altra il figlio maggiore che, di fronte a questo ritorno inaspettato del fratello, risponde al padre in modo deciso e arrabbiato. Così facendo, rivela che il suo rimanere a casa non è da figlio, ma da schiavo, da uno che sta alle dipendenze di un padrone e non di un padre. E quante volte anche noi ci arrabbiamo con Dio perché lo guardiamo con questi occhi, pretendendo da Lui una giustizia secondo i nostri canoni: «ho fatto questa cosa, mi sono comportato in modo impeccabile e allora tu devi darmi la ricompensa».

In un modo o nell’altro, questi due fratelli sono incapaci di capire il padre, di cogliere come ciascuno è chiamato a riscoprirsi figlio libero e accolto da una misericordia che ci precede e ci sorpassa.

Ultima particolarità è la conclusione di questa parabola, che può sembrare un po’ “tronca”: da una partesi sa solo che il figlio minore è in casa a festeggiare; del maggiore non si sa se entrerà in casa o continuerà a rimanere arrabbiato e a lavorare nei campi. Probabilmente ognuno di noi è chiamato a riscoprirsi nei panni di entrambi i figli, ma senza compiere omicidi verso se stessi. La chiave di volta sta nella chiamata a cambiare prospettiva, ad alzare lo sguardo per incrociare il vero volto di Dio e capire che «la conversione a Dio consiste sempre nello scoprire la sua misericordia, cioè quell’amore paterno e benigno a misura del Creatore e Padre» (Dives in misericordia, 13).

MARKO IVAN RUPNIK,