Anche se si fosse trattato della sete fisica, terribile in quel momento, avrei fatto ben poco, povero aceto sparso sulle labbra riarse.
Ma la sete di Gesù era anche un’altra, ben più profonda, che nessuna bevanda poteva estinguere: era il desiderio di bere fino in fondo il calice della passione che il Padre gli porgeva perché si compisse tutto il disegno di salvezza annunciato dalle scritture. Così, scendendo lungo il suo corpo martoriato dopo avergli bagnato il volto, ero come il sangue del nuovo agnello pasquale che prende su di sé e toglie il peccato del mondo.
Ho ascoltato la sua ultima parola, non di un vinto ma di un vincitore; ho sentito il tremito del suo estremo respiro, di morte, certo, ma anche preludio di una nuova vita che dalla croce si sarebbe irradiata ovunque e per sempre.