È facile che si abbia paura di me, occhieggiante viscido da qualche anfratto, strisciante e guizzante sul terreno in cerca di prede, a volte dotato di veleno: non fa meraviglia che io diventi simbolo di morte e che mi abbiano addebitato il disastro del giardino dell’Eden.
Eppure oggi nel deserto la mia immagine bronzea innalzata verso il cielo dispensa la vita a chi la guarda con fede. Gesù stesso ha citato il fatto parlando con Nicodemo e lo ribadisce tra le righe nella disputa. Anch’egli sarà innalzato, su una croce che si può dire cambierà pelle come me: da strumento di morte infamante diverrà trono di gloria, perché sarà abbracciata con amore divino dal Signore della vita.
Tutto questo perché, fissando su di lui lo sguardo, sentiate quell’abbraccio rivolto a ciascuno di voi.