Il vangelo ci chiama a godere di una beatitudine speciale, non quella che deriva dal benessere, dalla ricchezza, dalla sazietà, dalle conquiste, ma quella che è insita nella nostra condizione di uomini e donne, l’essere cioè creature dipendenti, fragili, bisognose.
La beatitudine che Gesù promette a chi è povero, affamato, afflitto, disprezzato a causa del suo nome, non sta nella condizione in sé di povertà e sofferenza, ma nel fatto che essa ci spoglia di noi stessi, ci priva di potere e ci apre così al bisogno di Dio, all’esperienza della sua cura, al desiderio del bene e a relazioni di profonda umanità e comprensione verso chi è nelle stesse situazioni.
Guai!, invece, per chi è soddisfatto di sé, ricco, autosufficiente: rinsecchisce nella sua solitudine, chiuso ad ogni desiderio e speranza.