Un lebbroso senza volto e senza nome, fatto voce della fragilità di ogni creatura. Supplica la guarigione, umilmente, humus, ginocchia a terra. Per Gesù è un pugno nello stomaco, una lama nella carne: «ne ebbe compassione».
La sua mano è come attirata da quel corpo piagato; un corpo che evoca cura, una mano che tocca l’intoccabile. Prima di ogni parola, di ogni riflessione: tocca.
Gesù rompe i tabù, toccare il lebbroso è diventare impuro per la legge. Ma per lui l’uomo vale più della legge. Una carezza vale più della legge. La guarigione comincia quando qualcuno si avvicina e mi tocca con amore, non ha paura, patisce con me. Sentirsi toccati è una delle esperienze più belle e rigeneranti.
Il dolore, come la gioia, non domanda spiegazioni. Chiede solo concreta condivisione.