La pagina di Vangelo che la liturgia di questa domenica ci offre, parla dell’identità del cristiano come di colui che sa farsi vicino. Gesù ce lo insegna attraverso la parabola del buon Samaritano partendo dalla domanda, un po’ subdola, del dottore della Legge che lo interpella per metterlo alla prova: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?», e concludendo con una risposta puntuale e inequivocabile che spiazza l’intento dell’interlocutore: «Va’ e anche tu fa’ così».
Tra domanda e risposta Gesù purifica il senso del verbo fare sciogliendolo da un contenuto opportunistico di autorealizzazione – la vita eterna non è un’eredità da merito – e aprendolo al vero significato evangelico dell’uscita da sé nella dedizione gratuita e disinteressata del proprio essere e operare, come fa il Samaritano della parabola.
Il riferimento alla Legge antica citato da Gesù- «Amerai il Signore tuo Dio … e il prossimo tuo come te stesso» – è l’occasione per un’ulteriore domanda da parte del dottore della Legge: «… e chi è il mio prossimo?». Da qui la narrazione: c’è un uomo ferito, sanguinante, mezzo morto ai bordi della strada. Per caso un sacerdote lo vide, passò oltre … Anche un levita vide e passò oltre. Due persone che compaiono per caso e nell’oltre del caso si dissolvono, non lasciano di sé nulla. Un Samaritano passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite si prese cura di lui. Con questo suo gesto il Samaritano riempie il suo passare per caso, del disegno provvidente di Dio che manifesta, nei gesti umani, l’avvento del suo regno tra noi. Il Samaritano a tal punto si fa vicino, si fa prossimo dell’uomo ferito: egli sa uscire da sé verso l’altro bisognoso, con tutto sé stesso, il cuore, l’anima, la forza, la mente, così come si ama Dio, e sa perdere tempo, servire, dedicarsi, esporsi, pagare di persona, impegnarsi.
Siamo al cuore del Vangelo, della buona notizia, perché così ha fatto Dio con noi. Come buon Samaritano Dio si è fatto vicino, si è fatto prossimo in Gesù. E Gesù percorre ancora le nostre strade, si fa vicino ad ognuno che soffre, che è malato, smarrito, incompreso, umiliato, abbandonato; egli si fa prossimo a tal punto da entrare nell’esperienza dell’umano soffrire e morire e ancora si prende cura dando all’albergatore non due denari, ma dando sé stesso come pegno e garanzia che la vita di ognuno è da lui custodita nella sua risurrezione.
Al termine della parabola ci lasciamo ancora interrogare: «E chi è – dunque – il mio prossimo?». La risposta di Gesù sposta il soggetto riformulando e rimandando la domanda al dottore della Legge e a ciascuno di noi: «Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? o del vicino di casa in difficoltà o del barbone, dell’immigrato, della donna violentata o … della madre terra così deturpata, sfruttata?».
«Va’ e anche tu fa così».