«Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» (Mt 28,16-17).
Anche il vangelo di Matteo si chiude con questa contraddizione: il Risorto affida agli Undici una missione gigantesca, planetaria, cosmica: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). Ma questa fiducia illimitata che il Maestro rinnova contrasta con la povertà estrema della loro fede: a tu per tu con il Cristo vivente e glorioso, “essi dubitarono”, ci riferisce l’evangelista. Ma ancora una volta i versetti finali del racconto evangelico ci consolano. Perché gli apostoli sono uno specchio della nostra incredulità.

Il problema non è soltanto la carenza di fede in Dio; troppo spesso si verifica nelle nostre giornate una drastica riduzione della fiducia in noi stessi, nelle persone che incontriamo o che ci vivono accanto, nella missione che dobbiamo svolgere quotidianamente a livello professionale, familiare, comunitario; una missione giornaliera che risulta sproporzionata, in relazione alle energie di cui possiamo disporre: portare avanti la vita di coppia, gestire lo stress lavorativo, far parte di gruppi o associazioni che domandano tempo, accompagnare la crescita dei propri figli o l’invecchiamento dei genitori, diventare nonni di bambini iperattivi, difendersi dalla rabbia e dal rancore che contagiano alla grande… tutto questo può essere troppo, e anche noi come gli Undici facciamo i conti con i nostri dubbi. Si può dubitare dell’esistenza di Dio, della presenza in mezzo a noi del Signore risorto, del senso della nostra vita, del futuro di questo pianeta.

L’unico che si ostina a non avere dubbi è sempre lui, Gesù di Nazareth. È ancora convinto che ognuno di noi sia una grande opportunità di annuncio e di testimonianza. Immagina che il mio corpo diventi l’occasione per sfogliare nel 2024 certe pagine del vangelo, che raccontano un amore possibile, un dispendio di parole e di gesti che hanno ancora la forza di guarire ferite profonde; perché gli esseri umani sono capaci di questo, di dedicarsi il tempo, di non lasciar solo chi è più debole. Gesù, essendo un vero uomo, aveva capito perfettamente questo: non è la perfezione umana che favorisce la trasmissione della vita piena, la vita eterna, la vita che nasce dal cuore dell’Altissimo; il vangelo inizia la sua corsa nella storia, lungo le strade del mondo, attraverso uomini e donne molto fragili. E c’è una carica di amore che ancora si propaga con la complicità degli esseri umani di questo tempo, pieni di incertezze e di paure. È il mistero della Pasqua: il Risorto è un uomo ferito. È il mistero della Trinità, che oggi si celebra: Dio Padre, eterno e onnipotente, conosce molto bene l’odore della terra e del fango, perché il Figlio e lo Spirito sono i compagni di viaggio di ogni creatura.

Don Andrea