«Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”» (Mc 1,40-41).

In questo breve incontro con il lebbroso ci sono numerosissimi dettagli che meriterebbero grande attenzione; ma ci si può soffermare su un passaggio decisivo: è Gesù che dice “Lo voglio!”.

Quando nella preghiera del Padre Nostro ripetiamo la frase “sia fatta la tua volontà”, a cosa dovremmo pensare? A un Dio capriccioso o dispotico, il cui volere misterioso potrebbe incutere un senso di terrore? Il grido perentorio del Figlio di Dio è rivelazione della volontà del Padre; cosa può volere questo “Abbà”, se non la liberazione profonda dei suoi figli da ogni forma di male? È quasi offensiva la richiesta formulata dal lebbroso: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Sembra che lui metta in discussione non il ‘potere’ di Cristo, ma il suo ‘volere’; la frase è scritta in modo tale che si potrebbe esplicitarla e riformularla così: “Io sono certo che tu puoi liberarmi da questa maledizione; ma non so se mi vuoi bene veramente”.

Il dubbio non è sulla potenza del Signore, ma sulla sua effettiva disponibilità ad amare un uomo disperato. Il lebbroso mette in questione il cuore del vangelo, l’amore del Padre che ci viene comunicato dal Figlio, la compassione viscerale e materna che Gesù avverte dentro di sé quando incontra il dolore degli altri.

La narrazione dell’episodio diventa geniale, a questo punto: Gesù tocca il malato e la lebbra scompare da lui; gli ordina severamente “di non dire niente a nessuno” (Mc 1,44); e invece l’uomo guarito disobbedisce e diventa lui annunciatore della Parola, mentre Gesù si ritrova costretto a rimanere isolato, “in luoghi deserti” (Mc 1,45).

Il testo in lingua greca è estremamente significativo; l’azione del lebbroso risanato è “kerissein tòn lògon” (letteralmente si tradurrebbe: “annunciare la Parola”). È lui che proclama il vangelo, adesso, mentre Gesù si allontana dalla gente e dai centri abitati, consapevole di quanto prescrive la legge ebraica: chi tocca una persona colpita dalla lebbra diventa impuro. Si assiste ad una scena tragicomica, un’inversione di ruoli assurda: il Maestro è come un lebbroso e il lebbroso è diventato evangelizzatore.

È un anticipo della fine, assaggio e profezia della crocifissione, quando Gesù, agnello innocente e senza macchia, si carica sulle spalle il peso delle nostre colpe. Colui che offre al mondo Spirito e Parole di vita eterna muore sulla croce; ma a ciascuno di noi, che abbiamo sperimentato il contagio mortale del peccato, della malvagità, della violenza e dell’invidia viene regalata una rinascita e un cammino di liberazione.         

Don Andrea