In questo breve racconto, l’evangelista Marco ci porta nel tempio, tra i pellegrini saliti a Gerusalemme; Gesù si trova di fronte alla sala del tesoro, dove i fedeli mettono le loro offerte e osserva.
Tra tutti Gesù vede una donna – per di più vedova –, cioè una persona che non conta nulla. Questa donna povera si fa strada fra molti altri, nella sua umiltà, e sembra che nessuno possa notarla. Solo Gesù la nota e chiamati a sé i discepoli la addita come “la vera offerente” a differenza di tutti gli altri; lei sola è la vera persona capace di fare un dono, di dare gloria al Signore. Essa, offrendo solo due piccole monete ha donato più di tutti perché “nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva, tutto quello che aveva per vivere”: ha donato tutta la sua vita!
Con questo gesto una donna anonima diventa per tutti noi la vera discepola: questa vedova non dà, come gli altri, briciole di ciò che possiede masi spoglia di ciò che le era necessario per vivere, di tutto ciò che aveva. Questa donna è per Gesù un’immagine dell’amore che sa rinunciare anche a ciò che è necessario donando tutta la sua vita.
In questo breve racconto il contrasto è forte con tutti coloro che donano solo il superfluo.
E qui entriamo anche noi nel brano evangelico: che cosa racconta la nostra vita di discepoli? Che cosa offriamo al Signore?
Come per i discepoli anche per noi oggi, questa donna è l’esempio e la testimonianza che è possibile donare tutto di noi stessi e non solo ritagli.
Quante volte entriamo in chiesa o ci rivolgiamo al Signore solo per chiedere; quante volte ci rivolgiamo agli altri solo per ricevere (attenzione, stima, affetto)?Questa vera discepola di Gesù ci racconta che è possibile donare la nostra vita non per un’idea ma per il Signore. E’ possibile – nella nostra miseria – amare Dio.