Il brano evangelico di oggi riporta le parole di Gesù pronunciate durante la festa della Dedicazione del tempio. Non è una semplice continuazione della parabola del buon pastore ma una specificazione dell’identità di Gesù, messa ripetutamente sotto accusa dai Giudei, i quali, come raccontato subito dopo, “raccolsero delle pietre per lapidarlo” (v.31).

Gesù sottolinea che chi lo segue è innanzitutto colui che ne ascolta la voce. Non dice infatti “Le mie pecore ascoltano la mia parola”, ma “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. Per poter comprendere la sua parola occorre riconoscere e ascoltare la sua voce, occorre cioè abitare quell’intimità di chi si sa conosciuto ed amato da Lui. Sappiamo bene quanto la voce del fratello, dell’amico o dello sposo risuoni nel nostro cuore in modo unico, prima ancora del contenuto delle sue parole. Anche la fede si gioca sull’amore tra due cuori che si riconoscono.

Vi è nella liturgia bizantina una preghiera molto bella che dice: “Oh, la tua divina, la tua dolcissima voce amica! Con verità hai promesso, Cristo, che saresti rimasto con noi fino alla fine dei secoli. E noi fedeli esultiamo, possedendo quest’ancora di speranza”.

E’ quella “voce amica” che ha udito Maria Maddalena nel giardino il mattino della Risurrezione, è la stessa voce risuonata sulla via di Damasco che ha cambiato la vita a Saulo. Non è altra voce quella che anche oggi vuole fare breccia nel nostro cuore e metterci in cammino alla sua sequela. Proprio come dice il canto: “Tu, Dio, che conosci il nome mio, fa che ascoltando la tua voce io ricordi dove porta la mia strada nella vita, all’incontro con Te”.

Se ascolto la voce dell’Amore che mi ha creato sarò custodito dalle tante altre voci che gridano dentro e fuori di me con l’incanto di felicità illusorie o lo sgomento di paure infondate. Questa è la certezza che ci abita: nulla e nessuno ci potrà mai strappare dalle mani del Padre.

Il Pastore è affidabile perché per salvarci ha accettato di essere “come agnello condotto al macello” (Is 53,7): è passato attraverso la sofferenza e la morte ma nulla l’ha sottratto alle mani del Padre. E’ lo stesso amore che custodisce anche noi, in questo oggi così travagliato ed incerto. Non solo, ci coinvolge ed interpella la nostra capacità di amare e servire la vita collaborando con lui nel “fare la storia”.

In questa giornata mondiale di preghiera per le vocazioni chiediamo che tutti possano ascoltare quella voce amica che fa fiorire la vita. Anche la tua!