Siamo giunti alla quinta domenica di Quaresima, l’ultima prima della domenica di Passione: la Pasqua è vicina e la Chiesa ci invita a meditare sul grande segno della risurrezione di Lazzaro, profezia della risurrezione di Gesù.

La risurrezione di Lazzaro è l’ultimo dei segni che annunciano l’evento della morte e risurrezione di Gesù ed è il momento culminante della rivelazione e della gloria di Gesù davanti al mondo. Questo segno sarà anche il motivo più immediato della sua condanna a morte; infatti nei versetti seguenti del brano che oggi leggiamo, si dice che i farisei: “Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.”

Di fronte a Lazzaro morto e alla propria morte Gesù ci conferma nella fede: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà.” Ancora una volta la parola del Vangelo ha il potere di far risplendere ai nostri occhi la gloria della risurrezione, e il miracolo operato da Gesù sprigiona una forza incontenibile e inarrestabile: quella dell’amore del Padre, che vince la morte.

La risurrezione di Lazzaro ( anche se sarebbe più corretto dire che è ritornato alla vita temporale, perché solo la risurrezione di Gesù è eterna) non indica solo la risurrezione generale nell’ultimo giorno, ma è il segno concreto della potenza vivificante di colui che ha parole di vita eterna. Potremmo dire che, attraverso questo racconto, Gesù chiama ad una nuova vita non solo Lazzaro, ma tutti noi, perché mediante la fede possiamo giungere alla vera vita.

Il primo invito che riceviamo accostandoci al Vangelo di oggi è quello di metterci in ascolto della nostra condizione di creature, che è condizione di fragilità, di malattia, ma può rivelarsi anche opportunità di crescita e di salvezza.

Ed è bello notare che sono le donne, le sorelle di Lazzaro, a prendere tra le mani questa situazione dolorosa per portarla davanti al Signore Gesù: Marta e Maria mandano infatti a dire a Gesù: “Lazzaro, colui che tu ami, è ammalato.” Le donne, con la loro straordinaria dolcezza e tenacia riescono ad aprire quel grande processo di speranza che è la sfida della morte. Loro per prime si oppongono alla morte e ci insegnano a fare altrettanto raccogliendo tutta la forza possibile. 

“Gesù amava Marta, Maria e Lazzaro”: Betania era per lui casa di amicizia, luogo di ristoro.

Il testo ci presenta due belle confessioni di fede di Marta “ Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà”. E poi, quando Gesù la invita a credere, dice: “Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, Colui che viene nel mondo.” (Anche la sorella Maria ripeterà le stesse parole di Marta.)

Gesù si fa portare al luogo della sepoltura e alla vista della tomba scoppia in pianto: qui siamo chiamati a sostare sugli umanissimi sentimenti vissuti da Gesù. 

Significativi, poi, sono i tre verbi usati da Gesù. «Togliete la pietra!». «Lazzaro, vieni fuori!». «Liberatelo e lasciatelo andare». Sono  riferiti alla condizione di morte di Lazzaro, ma possiamo leggerci la condizione della morte, con tutti gli aspetti di limite che essa pone, limiti di chiusura, di non vita. Quindi “togliere, uscire, liberare e lasciare andare” sono verbi che esprimono il dinamismo necessario verso una vita piena. Il ritorno alla vita di Lazzaro è il segno forte che Gesù è padrone della vita e della morte.

All’interno del “libro dei segni” dell’evangelista Giovanni quello della risurrezione di Lazzaro è l’ultimo, ed è compiuto «per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato»; presenta varie somiglianze con gli altri segni miracolosi di Gesù riportati da Giovanni.

Innanzitutto è sottolineata grandemente la situazione disperata del personaggio fruitore dell’azione miracolosa: come nel primo segno non vi era più goccia di vino, nel secondo il bambino era sul punto di morire, nel terzo il “miracolato” era malato da trentotto anni, nel quarto bisognava sfamare cinquemila persone con cinque pani e due pesci, nel quinto il cieco era tale sin dalla nascita, così nel caso di Lazzaro l’evangelista volutamente precisa che «già da quattro giorni era nel sepolcro». Ma Gesù è il Maestro che prende l’iniziativa perché tutti sappiano che egli è stato mandato dal Padre.

Il Prefazio sintetizza bene il messaggio evangelico: “Vero uomo come noi, egli pianse l’amico Lazzaro; Dio e Signore della vita, lo richiamò dal sepolcro; oggi estende a tutta l’umanità la sua misericordia e con i suoi sacramenti ci fa passare dalla morte alla vita”.

le sorelle clarisse