«Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo» (Lc 19,9).

Domenica scorsa abbiamo ascoltato la breve parabola ambientata nel tempio di Gerusalemme, al quale erano saliti per pregare un fariseo e un pubblicano. Gesù conclude la storia con un dettaglio curioso, che riguarda l’itinerario di conversione del secondo personaggio: “Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato” (Luca 18,14). L’incontro con Zaccheo, che esercita anche lui l’odiato mestiere di esattore delle tasse, si chiude nello stesso ambiente domestico: la parola ‘casa’ viene ripetuta per ben tre volte in pochi versetti. È lo spazio dei legami e dei rapporti umani. Gesù frequenta spesso le famiglie; si fa invitare a pranzo e a cena; si lascia ospitare volentieri. La salvezza è un dinamismo che non si accontenta di migliorare la condizione esistenziale di un individuo solitario, ma coinvolge una trama di relazioni: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza”.

Proviamo ad attualizzare i discorsi: quando in un contesto abitativo qualcuno entra in crisi e diventa vittima di alcool, droga, anoressia, gioco d’azzardo o altre forme di fragilità e degrado, la pesantezza e il dolore ricadono su coloro che convivono con il soggetto segnato dalla patologia. Viceversa, un traguardo felicemente raggiunto (come, ad esempio, una laurea, una guarigione, un matrimonio o la nascita di un figlio) è una festa per tutti, una gioia che si espande e contagia la rete dei contatti. Il pubblicano che decide di cambiare vita, che si rivolge a Dio, riprende il sentiero della giustizia, restituisce ciò che ha rubato e condivide il suo guadagno con i poveri, è una notizia stupenda, che ha ricadute positive su altre persone connesse con lui: la moglie, i figli, i parenti, gli amici, la comunità.

Trovo sintomatico il riferimento nelle parole di Gesù al grande patriarca: “(…) perché anch’egli è figlio di Abramo”. Abramo viene scelto dal Signore e tra i due si stabilisce un dialogo che nessuno è in grado di comprendere o di intercettare; il figlio di Terach sarà ricordato per sempre con questo appellativo: “l’amico di Dio”. Eppure Abramo non può vivere per se stesso, e non trattiene per sé la benedizione, la quale deve essere una forza di salvezza che contagia tutte le genti, di generazione in generazione: “(…) in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”. La storia di Zaccheo è un invito a “farci del bene”: lasciare che gli occhi di Cristo riempiano di vita buona le nostre giornate. La salvezza nel frattempo si propaga, e a beneficiarne saranno tutti coloro che incrociano le nostre strade.

Don Andrea Guglielmi, parroco