“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente … e il prossimo tuo come te stesso” Mt 22,37. 39
Il brano del Vangelo di questa domenica si colloca nella serie di controversie che chiamano in causa i due gruppi più rappresentativi del giudaismo: i farisei e i sadducei. Un dottore della Legge pone una domanda chiedendo quale sia il primo dei comandamenti, per vedere di cogliere in fallo Gesù. Una questione scottante, un interrogativo che per un pio israelita non era banale dovendo rispettare più di seicento comandamenti e prescrizioni.
La questione si pone anche per noi in mezzo alle tante cose che caratterizzano la nostra vita di fede e di sequela: la fatica di trovare un centro, un punto di sintesi e di unificazione senza il quale il nostro vivere si dissipa, si perde in impegni o in futilità. Che cosa è veramente necessario alla nostra sequela, alla nostra vita di credenti in questo tempo così complesso? Che cosa può dare senso al nostro vivere segnato spesso da difficoltà, crisi e smarrimento?
Con una sola risposta Gesù pone a fondamento di tutti i comandamenti il comandamento dell’amore e non solo risponde correttamente alla domanda che gli viene posta, ma mostra un’originalità fino ad allora inedita: unisce l’amore a Dio e l’amore al prossimo in un unico grande legame che interpreta tutta la Scrittura.
La via dell’amore non la si può separare, è una, altrimenti si rischia di devenire schizofrenici, separati in tante forme che impoveriscono la persona. L’uomo per vivere ha bisogno di un’armonia, di essere unificato attorno a un centro fondamentale sul quale costruire l’esistenza. E questo non si chiama forse amare ed essere amati?
Perché ciò avvenga occorre andare alla fonte dell’amore che per il credente è Dio. Dio è amore, ci dice l’evangelista Giovanni, e solo da lui possiamo andare ad apprendere l’amore vero, quello che dura per sempre perché si radica nel suo.
Quante volte sperimentiamo la fragilità dei nostri tentativi di amare, dei nostri “amori”, del tempo passato a usare gli altri, e magari anche Dio, per riempire i nostri vuoti di affettivi, che solo Lui può colmare? Gesù parla di un primo e di un secondo comandamento e il secondo, cioè, amare il prossimo, è simile al primo.
L’amore per il prossimo è specchio dell’amore per Dio perché “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). L’amore del prossimo diviene narrazione sacramentale dell’amore di Dio per l’uomo e testimonianza dell’amore umano per Dio. Il problema vero di ogni vita, e a volte di ogni atteggiamento di fede, è riuscire a capire come tenere insieme due amori che chiedono entrambi tutto.
Dio richiede un amore totalizzante e noi chiediamo agli altri, e gli altri ci chiedono, un amore “eterno e per sempre”. Gesù invece ci dice che tutti questi amori non sono in competizione perché l’uno ha bisogno dell’altro, l’amore per il prossimo ha bisogno ed è specchio dell’amore per Dio e l’amore per Dio si esprime in quello per i fratelli e alle sorelle. Alla base poi ci deve essere un buon amore verso sé stessi. Dio per essere amato va cercato non solo nelle nostre belle liturgie, nelle nostre preghiere, ma anche nel fratello e la sorella che mi è vicino e che con me condivide la bellezza e la fatica di camminare, amare e stare nella storia. Il nostro modo di stare nella vita reale, nel faticoso esercizio della quotidianità, diviene rivelativo di ciò in cui crediamo e dice a chi ci affidiamo per attraversare la vita con fede e amore.
Un apoftegma dei padri del deserto narra che abba Serapione, incontrato un giorno un povero intirizzito dal freddo, si sia denudato per coprirlo con il proprio abito e che, incontrato un uomo che veniva condotto in prigione per debiti, abbia venduto il suo vangelo per pagare il suo debito e sottrarlo alla prigione. Tornato nella sua cella nudo e senza vangelo, a chi gli chiese: “Dov’è il tuo vangelo?”, rispose: “Ho venduto Colui che mi diceva: “Vendi quello che possiedi e dallo ai poveri”.
Il comando diviene grazia, la pagina diviene vita.
Sorelle Clarisse-Bergamo