Ancora una volta Gesù affida ad un’immagine la consegna di sé ai discepoli. Ha detto di essere per loro il pane, la luce, la porta, il pastore … ed ora aggiunge: «Io sono la vite, voi i tralci».

Nel discorso di addio, che Gesù rivolge ai suoi l’ultima sera, ogni immagine è una consegna per il loro futuro, un dono per aiutarli a vivere nel tempo la relazione con lui, a riconoscerlo e a riconoscersi accompagnati nel divenire fino in fondo suoi discepoli.

La presenza del Signore risorto va infatti accolta con lo sguardo della fede, perché è e sarà sempre presenza fedele ma discreta, da custodire in una relazione di amore che affina i sensi.

L’immagine della vite abbraccia il tempo della sua maturazione: la cura del Padre, che ne è l’agricoltore, si esprime nel lavorio di vigilanza attorno all’intera pianta che si sviluppa nei suoi tralci. Tutto è proteso all’abbondanza del frutto.

Emergono alcune indicazioni fondamentali per passare dall’immagine della vite alla nostra vita.

Anzitutto l’immagine stessa della vite e dei tralci invita a pensarsi come parte di una comunione in cui scorre l’unica linfa vitale del Figlio glorificato. L’orizzonte della nostra fede non si chiude nell’intimità individuale con Gesù, ma ci colloca nel suo incessante dono d’amore che apre il cuore ai fratelli e alle sorelle.

La stagione dei grappoli maturi porterà la gioia di sentirsi fecondi, ma anche la tentazione di pensarsi produttori di quel buon frutto, di interpretare la vita cristiana solo nella dimensione del fare molte cose buone, col rischio di seccare in un protagonismo che a poco a poco dimentica la vite e gli altri tralci e si appropria di quello che fa. Ecco dunque l’avviso: «senza di me non potete far nulla».

Viene infatti per la vite, e in ogni vita, la stagione fredda, nella quale anche il tralcio migliore non vede il frutto e sente il dolore della potatura. È il tempo fecondo in cui si impara la gratuità del dono di Gesù e della presenza dei fratelli e delle sorelle. In quella stagione sarà consolazione profonda rimanere nella Parola che purifica e fa crescere insieme in una nuova e più grande libertà di amare.

Riporre tutta la fiducia nella bontà della vite e di Colui che la coltiva, lasciare che il suo Spirito ci attraversi come linfa buona che rigenera dall’alto, rimanere nella fedeltà dichi ci ha amati fino alla fine, vuol dire disporsi già allo stupore grato del molto frutto condiviso e vivere nell’oggi la gioia di maturare come veri discepoli..