Ci sono momenti nella vita come è accaduto anche ad Eliseo in cui diciamo, basta , non ce la faccio più, è meglio lasciare perdere, non posso andare avanti, è tutto inutile. È il momento in cui solitamente stiamo assolutizzando un aspetto della vita e questa è una deriva pericolosa, vedere una sola cosa e pensare che non ci siano altre prospettive e nessun futuro e  non riusciamo più a vedere l’opera di Dio. Eppure abbiamo un cammino, una strada da fare una meta da raggiungere sempre.

Così facendo nasce in noi come per i farisei nel Vangelo di questa domenica, la mormorazione, essi non riconoscono la verità del Figlio di Dio, e lo incasellano riducendolo solo a: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?,  sanno tutto di lui e quindi e restano chiusi all’ascolto, cosa significa che è disceso dal cielo, Gesù non si giustifica e non corregge, chiede di non mormorare e di accettare questo scandalo, necessario alla nostra salvezza.

Le cose di Dio non passano per i nostri schemi,  il disegno di Dio non è secondo quello che già conosciamo, Gesù come tutta la realtà porta un mistero che è più grande, e la mormorazione non ci mette in sintonia con l’opera di Dio. La soluzione di tutto questo è un altro tipo di logica, dice Gesù: “nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato”, noi possiamo restare ingabbiati dentro la nostra mentalità,  oppure obbedire a qualcosa del Padre che ci attira a sé, il Padre che lavora nel profondo del nostro cuore e ci conduce nelle pieghe della nostra esistenza. Dobbiamo liberarci dall’assoluto della nostra ragione per iniziare ad ascoltare in modo più profondo il luogo dove abita il desiderio di Dio, c’è qualcosa che il Padre mette in ognuno di noi e che ci attira a Cristo, c’è qualcosa di profondamente vero autentico, una nostalgia di Dio.

Siamo noi a cercare Dio o e lui a cercare noi? Ancora prima che noi cominciamo a cercarlo consapevolmente, egli ci attira a sé, come un innamorato, tramite Cristo.

Questa conoscenza possibile non risiede nella nostra parte intellettuale, ma risiede nell’esperienza della bellezza della vita di fede.

Tutti sono istruiti da Dio, lasciarsi istruire è lasciare che il bene parli nel profondo del nostro cuore, quel bene è lo Spirito Santo che ci insegna, ci accarezza, ci guida, ci fa intuire, ci invita all’amore, ci parla del Padre, ci permette di riconoscere nell’Eucaristia il Sangue e  Corpo di Cristo crocifisso e risorto. Se Elia o gli Ebrei dell’Esodo mangiarono del pane prezioso, noi mangiamo qualcosa di molto più prezioso: “Il pane che io darò è la mia carne”.