“Ma egli parlava del tempio del suo corpo” Gv. 2,21

Il legame profondo che unisce in questo capitolo il brano delle nozze di Cana e la purificazione del tempio è il volto “nuziale” della vita nuova in Gesù.

Io non considero quindi la Parola che oggi riceviamo dalla bontà di Dio come un giudizio negativo sul culto praticato nel tempio. Si tratta piuttosto del superamento dell’antica economia della preparazione e della profezia: tutto ora si compie in Gesù!

La comunione tra Dio e il suo popolo non può più essere uno “scambio”, un “do ut des” come forse vuol dire Gesù dicendo del tempio come di “un mercato”. Nel profeta Zaccaria è scritto dei tempi messianici: “In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti” (Zac 14,21).

L’evento della salvezza universale non è un “mercato” nel quale si riceve quello che si è meritato, ma è il dono della salvezza di tutti e di tutto che il Figlio di Dio merita con il suo sacrificio d’amore di morte e di risurrezione! Ora tutto si compie attraverso il dono d’amore del Cristo che offre la sua vita!

Viene dunque scacciato tutto quello che prima era materia necessaria per il culto, e dunque affermazione che è ormai da lasciare un gesto liturgico che deve lasciare spazio a quello che la fede dei padri ebrei ha custodito con più o meno fedeltà nella sua secolare attesa del tempo e della salvezza di tutta la creazione e di tutta la storia!

È bellissima la memoria da parte dei discepoli di Gesù del Salmo 69,9 secondo cui si profetizza di Lui la Parola che dice: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”: un’espressione violenta della morte del Signore sulla Croce del suo sacrificio d’amore! (ver.17).

La richiesta da parte dei Giudei di un “segno” che mostri la legittimità di quello che Gesù ha compiuto muove il suo annuncio della sua Pasqua! Il nuovo tempio, il luogo dell’incontro tra Dio e l’umanità non è più il tempio di Gerusalemme, costruito in quarantasei anni, ma è il tempio del corpo di Gesù, morto e in tre giorni risorto! Il suo sacrificio d’amore! La sua Pasqua di morte e risurrezione!

Tutto questo, dice il ver.22, sarà il cuore della fede dei discepoli che allora crederanno “alla Scrittura e alla Parola detta da Gesù”: mi sembra meraviglioso anche questo accostamento tra Scrittura e Parola del Signore!

I vers.23-25 distinguono nettamente la fede da ogni ragionamento e dimostrazione! Così, anche quello che è accaduto a Pasqua nel tempio di Gerusalemme, cioè “i segni che egli compiva”, non sono loro a condurre alla fede, ma se mai, come ancora più volte sarà detto, sarà la fede a rendere visibili e potenti i segni!

Gesù però “non si fidava di loro”: mi sembrerebbe più giusto rendere in italiano che Egli non si affidava, non si donava a loro! Per il Vangelo di Giovanni i “segni”, cioè i miracoli e i prodigi, non sono “prove” e dimostrazioni per la fede, ma sono doni divini che l’accompagnano.

Anche la “testimonianza sull’uomo”, di cui ci dice il ver.24, non è considerata da Gesù necessaria per la fede: la fede è sempre dono di Dio e non opera e conquista dell’uomo!

Il Signore conosce “quello che c’è nell’uomo” (ver.25)!

Don Giovanni Nicolini

«Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo» (Gv 2,25).

Il gesto molto forte del Maestro, che “fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio”, non ha nulla di ideologico; non è aggressività fine a se stessa; non è esibizionismo; non c’è superficialità nello sguardo, nei movimenti, nelle intenzioni di Gesù: e sarebbe un’operazione disonesta strumentalizzare una pagina del vangelo così provocatoria, immaginando che Gesù sia dalla nostra parte, di destra o di sinistra, conservatore o progressista. La frase conclusiva, al termine del brano che ascoltiamo in questa terza domenica di quaresima, ci colloca nel binario giusto: il cuore, la coscienza, l’interiorità, la verità e la profondità della persona umana, oltre la superficie delle cose, oltre qualsiasi etichetta. “Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo”. Questo strano rabbì di Nazareth ha un occhio particolare, che gli consente di diagnosticare in fretta i pensieri e gli stati d’animo dei suoi interlocutori: lui ci vede dentro. Gli basta un colpo d’occhio per capire che Zaccheo ha tutte le carte in regola per essere un uomo migliore, ben diverso da come gli altri lo giudicano; e ci mette ancora meno a smascherare l’ipocrisia o la malizia di certi suoi interlocutori, che vorrebbero metterlo in difficoltà e avere pretesti per condannarlo. Potremmo anche dire che la cosa è reciproca: è facile anche per noi capire cosa riempie il suo cuore. Quando i discepoli assistono al gesto profetico di Gesù, che fa uscire i mercanti dal tempio, si attiva la loro memoria, vengono citate le scritture e appare una parolina magica: “I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà»” (Gv 2,17). Cos’è lo zelo, se non la passione ardente di Cristo che brucia dentro di lui perché è acceso il fuoco dello Spirito Santo?! L’amore senza riserve che questo Figlio prova per il suo ‘Abbà’; il desiderio che muove tutti i gesti, le parole e le emozioni del Maestro, la sua volontà di piantare sulla Terra i germogli del Regno di Dio, unico scopo della sua esistenza… È limpido Gesù, è trasparente: la santità coincide con la più assoluta semplicità. Nel suo mondo interiore l’unico riferimento è il Padre, non ci sono altri idoli, come la sete di denaro o il bisogno di gratificazione personale. Il Padre occupa tutto lo spazio nella vita di Cristo. Ecco perché nel suo cuore c’è posto per ognuno di noi, figli amati e voluti da Dio, anche noi tempio dello Spirito Santo, perché abbiamo ricevuto questa grazia stupenda: si è creato un contatto fraterno e vitale tra il corpo di Gesù e la nostra carne. “Egli conosceva quello che c’è nell’uomo”: Per questo motivo sarà sempre capace di comprendermi nelle mie fragilità, e ogni volta che cado mi prenderà per mano… cammineremo insieme.          

Don Andrea