“Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” Gv 13,1

Il Vangelo ci ricorda per ben due volte (“sapendo”) che Gesù è pienamente consapevole di cosa sta per accadere. E la consapevolezza è necessaria per essere pienamente liberi. Gesù, nella sua piena libertà, cosciente che sono le sue ultime ore di vita, decide di anticipare la cena pasquale e di caricare questo momento di un significato fondamentale per la sua Chiesa, donando se stesso nel segno del pane spezzato.

In questa cena l’evangelista Giovanni, pone il gesto dirompente della lavanda dei piedi che annuncia che la sua vita e la sua morte sono un gesto di servizio e di amore.

Anche nella sua ultima ora, “sino alla fine”, sino alla morte, dona sé stesso e cerca di insegnare questo modo di stare nel mondo ai suoi discepoli, anche a chi lo aveva già tradito, anche a chi lo avrebbe tradito. Il suo farsi servo è forse il suo estremo tentativo di gridare la buona notizia a Giuda e agli altri. Questo spogliarsi, cingersi il grembiule e inchinarsi è qualcosa però che scandalizza Pietro e con lui sconvolge la nostra idea religiosa del divino.

Comunemente, pensiamo di essere noi a dover fare e compiere sacrifici per meritarci l’accesso o la prossimità al sacro mentre qui, è il Santo che irrompe nella nostra vita dalla porta di servizio, da quella parte che non è pronta ad accogliere gli ospiti, quella meno curata e non di rappresentanza. E proprio lì si manifesta la nostra disponibilità a lasciarci incontrare nella verità, anche quella più scomoda di noi.

Ci lasceremo lavare i piedi ancora una volta?

Frate Stefano