La parabola ha come protagonista un amministratore furbo e disonesto che, accusato di aver dilapidato i beni del padrone, sta per essere licenziato. In questa situazione difficile non si lascia scoraggiare, ma escogita una via d’uscita per assicurarsi un futuro tranquillo. Reagisce dapprima con lucidità, riconoscendo i propri limiti: Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno; poi agisce con astuzia, derubando per l’ultima volta il suo padrone: chiama i debitori e riduce i debiti che hanno nei confronti del padrone, per farseli amici ed essere poi da loro ricompensato.
Il Signore lodò questo amministratore disonesto. La lode del Signore però ha un bersaglio preciso, non si riferisce alla disonestà dell’amministratore, ma alla sua scaltrezza (perché aveva agito con scaltrezza). Ha saputo fermarsi a pensare e lì ha incominciato a capire la differenza tra falsa ricchezza e vera ricchezza. Poi ha iniziato a usare il patrimonio economico per crearsi il vero patrimonio: quello relazionale, farsi degli amici. Ha capito dove investire.
E il racconto continua assicurando che servono amici nella vita e che solo questi possono darti un futuro, addirittura nelle dimore eterne: in Paradiso.
Ecco allora il meraviglioso comandamento: fatevi degli amici perfino con la disonesta ricchezza! Il grande potere della ricchezza è quello di renderci atei. La ricchezza può spingere a erigere muri, creare divisioni e discriminazioni. Gesù, invece, invita i suoi discepoli ad invertire la rotta: Fatevi degli amici con la ricchezza. È un invito a saper trasformare beni e ricchezze in relazioni, perché le persone valgono più del denaro e contano più delle ricchezze. Nella vita, infatti, porta frutto non chi ha tante ricchezze, ma chi crea e mantiene vivi tanti legami, tante relazioni, tante amicizie attraverso le diverse “ricchezze”, cioè i diversi doni di cui Dio l’ha dotato.
Ma non finisce qui. Gesù indica anche la finalità ultima della sua esortazione: le dimore eterne. Ad accoglierci in Paradiso, se saremo capaci di trasformare le ricchezze in strumenti di fraternità e di solidarietà, non ci sarà soltanto Dio, ma anche coloro con i quali abbiamo condiviso, amministrandolo bene, quanto il Signore ha messo nelle nostre mani. Saranno loro ad accoglierci, prima e meglio degli angeli. Questi amici apriranno la porta come se il cielo fosse casa loro, come se la chiavi dell’eternità per te le avessero trovate loro, quelli che tu, per un giorno o una vita, hai reso felici.
Questa pagina evangelica fa risuonare in noi l’interrogativo dell’amministratore disonesto: Che cosa farò, ora? Di fronte alle nostre mancanze e ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore perché abbiamo agito con scaltrezza, cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco sé stesso per il Regno dei cieli.