«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

Gesù è il regalo di Dio. L’infinita tenerezza del Padre nei confronti di ogni creatura si rivela nel momento storico in cui il Figlio viene inviato a calpestare le strade di questo mondo, incrociando i nostri sguardi, entrando in dialogo con noi e consegnandoci il seme vitale della Parola, mostrandoci una corporeità capace di gesti liberanti, terapeutici. Incontrare Cristo significa vivere un’esperienza salutare: stabilire un contatto con l’umanità di Colui che abita da sempre nel grembo del Padre, erede generoso dell’affetto che Dio nutre per ogni forma di vita. Gesù non viene incontro a noi nel ruolo di giudice, ma in qualità di fratello primogenito. Fare un piccolo passo indietro nel capitolo 3 del vangelo di Giovanni, ci aiuta a dare concretezza a questi discorsi. Basta retrocedere di due versetti e ripescare l’immagine geniale che Gesù presenta a Nicodemo: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15).
Mosè aveva ricevuto da Dio il comando di innalzare sopra un’asta un serpente di bronzo: questa opera
artigianale poteva mantenere in vita tutti coloro che erano stati colpiti dai morsi velenosi nel deserto: “Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita” (Numeri 21,9). Gesù innalzato sulla croce libera il mio corpo da tutti i veleni che l’antico serpente cerca di iniettare nelle cellule umane, fin dalla coppia primordiale, all’inizio della Genesi: avidità, superbia, egoismo, invidia, violenza, malvagità, rancore… il Crocifisso-Risorto consegna lo Spirito: la mia umanità viene risanata da questo “principio attivo”, il quale lavora dentro di me in modo tale che la mia vita possa acquisire la qualità del vangelo, e assumere la fisionomia dell’agape, parola greca che si traduce nel modo più semplice: ‘amore’. Se la mia storia diventa per gli altri una bella notizia e un regalo prezioso, allora il progetto di Dio è andato a buon fine, e continua ad essere attivo il processo di salvezza innescato da Gesù.

Don Andrea parroco