“Dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la Pasqua? Andate in città da un tale e ditegli: il Maestro ti manda a dire: il mio tempo è vicino. Farò la Pasqua da te con i miei discepoli” Mt 26,18.

E noi ritorniamo in quella grande sala ogni anno. Messa a disposizione quella sera, come fosse la cosa più normale del mondo, da quel padrone di casa per Gesù, uno che non ha casa, uno che non ha la sua casa. Don Primo Mazzolari diceva: un uomo senza nome, un padrone di casa, gli impresta la sua camera più bella. Egli ha dato ciò che aveva di più grande perché intorno al grande sacramento ci vuole tutto di grande, camera, cuore, parole, gesti … In questa Cena del Giovedì santo il nostro cuore sembra oscillare tra due figure: il piccolo e il grande: il piccolo pezzo umile di pane … e il grande, la grande sala al piano superiore.

Perché questo è il mistero: che la presenza di dio sia nascosta, velata in “poca apparenza di pane” (cfr. S. Francesco) in un tozzo piccolo, umile di pane… Per noi che abitiamo il paese delle grandezze mondane, dei segni imponenti, dello straordinario più straordinario … 

Il nostro Dio sceglie altre strade: Io? in un po’ di pane, io pane in tutte le mani, anche le più povere, le più sporche … le mani di Giuda che lo aveva venduto, le mani di Pietro che l’avrebbe rinnegato, le mani degli altri che sarebbero fuggiti … le mie mani! A quali mani si consegnava! Si è tolto ogni grandezza, perfino la vita.

Qui è l’estremo della piccolezza di Dio. Ma proprio in questo estremo della piccolezza tu sorprendi e adori qualcosa di grande: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per gli amici … e voi siete miei amici … Questo pezzo di pane è un pane trasfigurato, trasfigurato da un amore che più grande non c’è!

Non possiamo celebrare questa cena con cuore piccolo, con animo meschino … celebra con cuore grande, senza escludere nessuno, perché così l’ha voluta e celebrata il Tuo Signore: Fate questo in memoria di me.

 liberamente tratto da Angelo Casati “i giorni della Tenerezza