«Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» Lc, 1,28

Quest’anno la IV Domenica di Avvento rischia di avere il respiro corto, perché cade alla vigilia di Natale. Cogliamo quel che c’è di provvidenziale in questo incalzare: l’appello a fermare la corsa, a fare una sosta salutare all’ultima oasi, subito prima di entrare in Betlemme. E invece di concentrarci sul nucleo centrale dell’annuncio dell’angelo a Maria, soffermiamoci proprio su di lei nei tre momenti salienti del racconto.

Il primo è la descrizione di Maria fatta da Luca: è una vergine, quindi giovanissima, ed è già promessa sposa a un uomo, Giuseppe. L’Incarnazione avviene prodigiosamente, ma Dio la innesta in una vera storia di amore umano. Maria e Giuseppe si amano, il loro non è un matrimonio combinato. E il fatto che la loro vita coniugale e familiare assuma una connotazione del tutto particolare, al servizio del disegno di salvezza di Dio, non ne cambia la natura. E’ molto importante, questa scelta di Dio, e non risponde solo a esigenze e opportunità pratiche e sociali. Anche questo, certo, ma prima e al di sopra di tutto ci dice che il Dio-con-noi s’inserisce pienamente nella storia e il Suo amore divino si manifesta nella dinamica dell’amore terreno di due sposi. Se corriamo avanti, troviamo un forte legame di senso tra questa scelta e la scelta di Maria di “attivare” la manifestazione di Gesù proprio a una festa di nozze.

Il secondo momento è la domanda di Maria all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Questa domanda, che viene da una giovane donna di sicura fede, ci dice una cosa importantissima: la fede di Maria, che è posta a modello per la fede di ognuno di noi, non è un fideismo cieco che rinuncia all’uso della ragione, e neppure una paura di Dio che ammutolisce. La ragione si pone una domanda perfettamente logica e naturale e Maria la rivolge al messaggero di Dio, sapendo che solo lì può trovare risposta. E la risposta non è un rimprovero sdegnato per avere osato chiedere, ma una piena ed esauriente soddisfazione della legittima domanda. Domanda che Maria pone pur essendo, scrive Luca, “molto turbata” sin dal saluto iniziale dell’angelo, “Rallègrati, piena di grazia, il Signore è con te”. Il turbamento di Maria è un turbamento non solo emotivo, ma anche razionale. Infatti, Maria “si domandava che senso avesse un saluto come quello”. Questa domanda non è pronunciata, ma trova ugualmente risposta nelle successive parole dell’angelo, che spiegano il senso del saluto e introducono l’annuncio. Dio vuole e apprezza che usiamo la ragione, di cui Egli stesso ci ha dotati, non solo per muoverci in questo mondo, ma anche per rapportarci con Lui. E quando entra nel mondo, nella persona di Gesù fa frequentissimi appelli al nostro ragionare e pensare. Tra tanti esempi, è particolarmente rivelatore il rimprovero di Gesù a Pietro: “Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (cfr Mc 8,33). Un rimprovero che contiene un invito: la sintonia con Dio non presuppone l’abbandono della ragione, al contrario, implica proprio il pensiero, ma un pensiero che accetta di aprirsi alla logica di Dio.

Il terzo momento è l’affidarsi di Maria, che – ci pare di vedere il gesto – indica sé stessa e dice “Ecco la serva del Signore”. Il definirsi “serva” di Maria è un atto di suprema libertà, perché è una scelta matura del cuore e della mente. E’ un affidarsi che scaturisce dal fertile connubio di fede e ragione, dove la ragione si lascia alimentare e potenziare dall’apertura alla fede, che non la emargina, ma la esalta proprio là dove molte persone, anche di alta levatura intellettuale, la lasciano atrofizzare per non rinunciare alla pretesa di comprendere tutto da sole. Sarà forse per questo che “cervelli” eminenti in tanti campi del sapere, quando espongono i motivi del loro ateismo o agnosticismo sembrano regredire a uno stadio infantile. L’angelo che si allontana da Maria a missione compiuta non reca solo il suo assenso al progetto di Dio, ma anche il modo in cui quell’assenso è maturato in lei, nella sintesi di una ragione che tiene gli occhi bene aperti e di una fede che fa luce allo sguardo di quegli occhi.

Paolo De Martino