Paolo è disposto a sacrificarsi, ma solo per un buon motivo: è in gioco la speranza di Israele.

Allora non ci sono dubbi: la catena gli toglie la libertà, lo obbliga a ciò che non vorrebbe, ma nessun dolore può essere considerato eccessivo se serve a togliere il giogo della schiavitù della legge e del peccato al suo popolo.

E noi? In questa prospettiva ogni sofferenza prende valore, diventa preziosa se illuminata dalla dedizione della croce; altrimenti non vale la pena. Dio non ci chiede di star male, non ha nessun guadagno se siamo infelici; ma apprezza la nostra capacità di offrire la vita per amore dei fratelli. Così ogni fatica diventa leggera, se potremo avvicinare anche un solo uomo al Signore.

E nel farlo scopriremo che quello sforzo avvicina un po’ di più anche noi.