In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la
terra Lc 2,1

“Un decreto di Cesare Augusto ordinò…”: il brano evangelico proclamato nella notte di Natale si apre con queste parole altisonanti, che fanno riferimento ai poteri forti di quell’epoca. E poco oltre appare sulla scena anche Quirinio, governatore della Siria. Oggi l’evangelista parlerebbe di Biden, di Putin, di Bashar al-Assad… È grande il contrasto con due giovani del tutto sconosciuti nel mondo dei potenti, dei “vip”: Maria e suo marito, Giuseppe, che, pur essendo un discendente del re Davide, esercita un umile mestiere in una cittadina di provincia, Nazareth. “Da Nazareth può venire qualcosa di buono?” dirà Natanaele, secondo Gv 1,46. I grandi del mondo danno ordini, decidono le guerre e amano contare il numero dei loro sottoposti. I poveri, gli umili, invece, obbediscono e si mettono in cammino, anche se viaggiare per loro è faticoso, anche se le loro condizioni sono precarie (“Maria…era incinta”).

Ed ecco che si compie il disegno di Dio, ed ecco che germoglia quella salvezza attesa da secoli e millenni. Non nella capitale dell’impero, non nel capoluogo della Siria, ma nella piccola Betlemme, la “casa del pane”, poco più che un borgo sperduto, dove i pastori fanno la guardia al loro gregge, come faceva, proprio in quel luogo, molti secoli prima, un giovane pastorello, di nome Davide.

Infinita umiltà e condiscendenza di Dio! La luce che brilla nella grotta di Betlemme, la luce che avvolge e fa gioire i pastori, non tarderà – lo testimonia proprio San Luca nella sua seconda opera, gli Atti degli Apostoli – a raggiungere anche Damasco e a splendere anche in Roma. Tutto, però, parte dalle cose più umili di questo mondo: un bimbo appena nato, le fasce che lo avvolgono, la mangiatoia di una stalla. È la logica di Dio, quella “logica” che – ci riferisce ancora Luca – farà esultare di gioia lo stesso Gesù, che rende lode al Padre che si nasconde ai dotti e si rivela ai piccoli (Lc 10,21). Logica che, prima ancora della notte di Betlemme, aveva fatto esultare Maria, al pensiero che l’Onnipotente rovescia i potenti e innalza gli umili (Lc 1,52).

Il Natale, quello autentico, è rivivere, nel nostro oggi, l’esperienza dei pastori, di Maria, di Giuseppe: rigettare ogni superbia, ogni piedistallo che ci ponga sopra gli altri, per accogliere il Salvatore nato povero per noi. Diventare pure noi bambini (Lc 18,17) come il Bambino di Betlemme, per accogliere il regno di Dio, perché anche nei nostri giorni così difficili e amari vi sia “gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

Preghiera

Vieni, Santo Spirito: inonda i nostri cuori e donaci l’umiltà.
L’umiltà del Salvatore, avvolto in fasce, adagiato nella mangiatoia.
Umiltà che vince ogni superbia.
Inonda i nostri cuori e donaci la luce.
La luce che avvolse i pastori di Betlemme.
Luce che vince le tenebre più oscure.
Inonda i nostri cuori e donaci la gioia.
La gioia della salvezza, perché è nato per noi il Salvatore, Cristo Signore.
Gioia che vince ogni tristezza.
Inonda i nostri cuori e donaci la pace.
La pace, frutto dell’amore di Dio, riversato su ogni popolo e su ogni uomo.
Pace che vince ogni discordia.
Vieni, Spirito Santo. Amen.

Paolo De Martino