«Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò…» (Mt 28,17-18). Con questi versetti, che la solennità dell’Ascensione ci permette di ascoltare, si giunge al solenne epilogo del vangelo di Matteo. Non so quale effetto possano suscitare in voi queste battute finali del primo evangelista; personalmente rimango sempre spiazzato. Anche l’ultimo incontro con il Signore risorto è attraversato dal dubbio dei suoi discepoli. Ma Gesù non si scompone, non li rimprovera, non biasima e non redarguisce. Anzi, mentre si rivela per l’ennesima volta la povertà della loro fede, Lui si avvicina, consegna ancora la Parola e li trasforma ufficialmente in apostoli: conferisce il mandato di andare presso tutti i popoli della terra con la qualifica di evangelizzatori e maestri. Vorrei azzardare un’interpretazione provocatoria. E se il dubbio dei discepoli fosse un ingrediente necessario, che alimenta una fede più adulta? E se il problema dei credenti non fosse il dubbio, ma l’esatto contrario? Se il verbo credere diventa una somma di certezze indiscutibili, che danno alla fede cristiana la fisionomia del fondamentalismo religioso, personalmente io sarei il primo a restituire il ‘biglietto di ingresso’, e ad accomodarmi fuori dalla chiesa. Mi tengo volentieri alla larga dai cristiani che non dubitano, che non pensano, che non si mettono in discussione, che non sanno frequentare gli spazi del dialogo, che non apprezzano il confronto con chi ha sviluppato sensibilità e percorsi diversi. Mi tengo a debita distanza anche da atei e agnostici, qualora manifestino lo stesso grado di superficialità e intolleranza, la stessa indisponibilità a mettere in questione certe convinzioni, che diventano inscalfibili come il granito. D’altronde i testi biblici condannano soprattutto questo atteggiamento: il cuore sclerotizzato e indurito, che non vuole ospitare le parole e le vite degli altri. Ritengo che non sia anti-cristiano formulare l’elogio di una certa insicurezza, che rende umana, fraterna e intellettualmente onesta la nostra ricerca spirituale; una certa insicurezza concede allo Spirito la possibilità di agire nei nostri cuori, perché siano in grado di accogliere, custodire e raccontare la rivelazione del volto del Padre, che Gesù di Nazareth ci ha lasciato in eredità. Una certa insicurezza potrebbe coincidere con il terreno fertile, che si apre volentieri a ricevere in dono il seme della Parola di Dio.
Don Andrea Guglielmi parroco