Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.  E l’Amore viene, e prende casa dentro di me e dentro di te. Dentro ogni fibra del corpo, dentro i sentimenti, dentro le parti buie, dentro il mistero di cui siamo per gran parte composti, dentro le paure, dentro le tempeste non ancora sedate, dentro le malattie, dentro le morti, dentro le lacrime, dentro i sorrisi, dentro i progetti, dentro le speranze. Bisogna solo imparare a chiamarlo, l’amore, perché possa venire e dimorare, come dice la pagina del Vangelo di oggi. Vi è una profonda somiglianza tra il cuore di Dio, il corpo di Gesù e uno spazio circoscritto che possiamo chiamare casa, tabernacolo, tempio, spazio, tana, nido, grotta: punto di accoglienza e punto di partenza, luogo da cui partire e a cui ritornare.

In concreto, l’amore vero richiede sempre affetto e rispetto, giusta vicinanza e giusta distanza, equilibrio fra istinto di attaccamento e necessità di distacco, capacità di avere e di rinunciare, desiderio di creare vincoli tra le persone e attenzione a promuovere la loro libertà. Ciò che minaccia l’amore non è solo il disamore, ma anche l’eccesso d’amore, laddove i legami, nonostante le migliori intenzioni, soffocano la libertà, non la fanno maturare, non la aprono a nuovi orizzonti. Quando manca il respiro della libertà, l’amore non è più appartenenza, ma possesso, e quando manca la linfa dell’affetto, la libertà perde l’orientamento all’amore e si svuota di senso.

Dobbiamo, inoltre, prendere coscienza di un vuoto immenso che ci costituisce, un vuoto che spesso ci annienta ma che, a volte, riesce a trasfigurarsi in supplica: “Vieni amore, vieni a dimorare in me”. L’amore è da implorare, da mendicare non da meritare. Ogni volta che impariamo ad amare, ogni volta che impariamo ad amarci per quello che siamo ci scopriamo persone abitate, non più vuote.

Quante volte siamo riusciti a sentire che il divino amore aveva preso casa in noi? Almeno una volta è successo? Se è difficile rispondere è perché non siamo stati abituati a cercare Dio così. Lo pensavamo sempre sopra e lontano, bisognoso dei nostri inchini e dei nostri sacrifici, forse lo pensiamo ancora sempre fuori da noi… la pagina del vangelo di oggi, allora, chiede di rivedere le prospettive, Dio è dentro la nostra storia, si chiama Amore.Dio non è un Qualcosa che è sopra di noi ma dentro, Dio guarda il mondo con noi, è dentro il nostro sguardo. Guardiamo nella stessa direzione. Un Dio dentro diventa un Dio accanto. Ecco perché Gesù anticipa i discepoli, e lo dice, “ci sarà un tempo in cui non sarò più in mezzo a voi”. Si diventa allora spazi del divino respirando nel silenzio lo Spirito che scende in noi a suscitare vita. Ecco la preghiera. Quotidiana.

  E saremo finalmente pacificati perché già ora nelle nostre tante paure e nei nostri timori (“non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”) possiamo far scendere in noi la sua promessa: “vado e tornerò da voi”. E lui torna. Lui torna perché ci ha scelti. Ogni volta che amiamo la vita, lui torna in noi, perché siamo la sua casa, la sua dimora.