«(…) c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. (…) La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.» (Mt 21,33). 
Matteo, spesso e volentieri, riporta le sue parabole ambientando le scene in un contesto ricorrente: la vigna. Anche in questa domenica ascoltiamo Gesù che narra una storia mantenendo invariato il setting. Si tratta sempre di contadini chiamati a lavorare in una vigna, la quale ha un proprietario ben preciso, un padrone. È una delle immagini più frequenti nei testi biblici del primo e del nuovo testamento; e leggendo le sante scritture l’allegoria diventa sempre più chiara: la vigna del Signore è il popolo di JHWH, chiamato a testimoniare, con i frutti della pace e della giustizia, la dolcezza di Dio, il gusto squisito della sua parola. “Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca” (Sal 119,103). Gli autori dei salmi sottolineano in continuazione il sapore della Torah. San Paolo descrive così il Regno di Dio: “(…) non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rom 14,17). Sono questi i frutti dello Spirito: “(…) amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). I protagonisti della parabola odierna mostrano, con il loro comportamento, la completa negazione del Regno di Dio, dei suoi frutti e dei suoi sapori; questi contadini che ricevono in affitto la vigna, agiscono in preda a due istinti altamente nocivi: l’avidità e la violenza. È l’esperienza del peccato di origine, quella storia orribile collocata all’inizio della Bibbia perché racconta il rischio che c’è in ogni esistenza: la corruzione e il degrado della nostra umanità. “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Questa frase riassume perfettamente il cocktail diabolico, un amalgama di bramosia e ferocia. È la modalità più stupida di interpretare la vita: i vignaioli omicidi non riusciranno a godersi il guadagno, perché la guerra sanguinaria tra di loro è conseguenza ineludibile: prima o poi si sbraneranno a vicenda, e la storia diventa un inferno. Ultimamente mi capita abbastanza frequentemente di osservare uomini e donne che non frequentano chiese o parrocchie; mi diverto a osservare certi gesti, che avvengono in modo spontaneo e gratuito; atteggiamenti che rivelano una profonda attenzione nei confronti dell’altro; tanta cura, generosità, delicatezza, sollecitudine. È bello, è piacevole, è un’esperienza ricca di sapore poter osservare il Regno di Dio, che nonostante tutto continua a germogliare sulla Terra…     
Don Andrea Guglielmi parroco