Sì, sono io quell’uomo che portano ogni giorno alla porta del tempio: sono uno storpio, questa è la mia identità, fatico a camminare da solo. Chiedere l’elemosina è il mio lavoro, mi è comodo, mostro a tutti il mio limite e vivo di quello.

Elemosino sguardi, affetti, denaro: non so far altro che elemosinare. Mi compiaccio dei miei limiti, delle mie fragilità: qualcosa guadagno sempre, con poca fatica, anche se è terribile pensarlo! Forse non sono il solo a vivere così, a lasciarmi vivere.

Sì, le mie gambe non vanno; la fragilità ha nomi e forme diverse che fermano il fluire della vita. Se non riesco a camminare, non posso essere discepolo: o non voglio esserlo?

Liberami Signore! Prendimi per mano e rialzami, che io decida di camminare dietro a te, così come sono, come mi è possibile, oggi.