“Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano
” Gv 6,11.

Prese i pani, rese grazie, li distribuì, quanti ne volevano. E mentre lo distribuiva, il pane non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano, restava in ogni mano.

La mia tentazione è di non chiamarlo miracolo della moltiplicazione, ma miracolo della distribuzione. Credo sia più facile moltiplicare il pane, che non distribuirlo. C’è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti» (Turoldo). «Al mondo, il cristiano non fornisce pane, fornisce lievito» (M. de Unamuno). All’umanità il cristiano non garantisce dei beni, ma un fermento particolare per un pane di cui già abbonda la terra. È la forza che mosse quel ragazzo che aveva cinque pani d’orzo e due pesciolini, che li mostra ad Andrea e Andrea lo dice a Gesù, e Gesù li prende. E rende grazie: a Dio, origine di ogni bene, ma certamente anche a quel ragazzino, capace di fornire il lievito della moltiplicazione, capace lui del primo miracolo: dare tutto ciò che aveva, fidarsi completamente, rischiare la propria fame. Il nostro modello oggi è un ragazzo senza nome e senza volto, che dona ciò che ha per vivere e innesca così la spirale prodigiosa della condivisione. Il problema vero del nostro mondo non è la penuria di pane, ma la povertà di quel lievito che ci chiama a fare di tutto ciò che abbiamo dei sacramenti di comunione. La mancanza di quel fermento di Dio capace di sollevare la vita. Tre sono i verbi di Gesù: prese, rese grazie, distribuì. Sono i verbi che fanno della tua vita un vangelo. L’uomo può solo prendere e ricevere – la vita, il creato, le persone, i bocconi di pane -, può solo ringraziare e benedire per tutto, anche per briciole che avanzano e sono sacre e vanno custodite, può solo donare. Perché la vita è come il respiro, che non puoi trattenere per te o accumulare; come una manna che per domani non dura. Allora: ricevi, ringrazia, dona. Tu sei ricco solo di ciò che hai donato. E volevano farlo re. La folla è religiosa solo in apparenza: vuole un Dio a disposizione, un fornitore di pane a buon mercato, uno che plachi tutte le fatiche, i pianti, le paure che popolano il cuore. Ma Gesù ci guida dalla fame di pane alla fame di Dio, il pane che Gesù distribuisce prefigura il suo corpo dato per noi, principio della nostra vita. Non vuole regnare su nessuno, ma porre vita nelle nostre mani. La sua. Noi siamo fatti per la felicità, ma in questa corsa della vita, in questa furia di vivere che ci prende tutti, non ci preoccupiamo di moltiplicare dentro di noi le sorgenti interiori che sole danno la felicità. Per questo oggi chiedo al Signore che doni il pane a chi ha fame, ma che accenda fame di Lui, fame di cose grandi, in chi è sazio di solo pane.