Giovanni, uomo del deserto scavato dall’incontro con colui che è il quotidianamente veniente, mi aiuta a decifrare i tratti del volto di Gesù.

Puntando lo sguardo su di lui, lo chiama «agnello di Dio». Agnello perché servo obbediente di Dio (agnello e servo in aramaico sono la stessa parola); il servo che sa ascoltare, mite e umile di cuore, che si lascia condurre per mano dal Padre fino al dono totale di sé. Agnello che toglie il peccato; non nel senso che lo cancella, che elimina i miei problemini, non è mica un mago. Ma «lo prende su di sé» (questo il significato del verbo usato), lo porta con sé perché ha scelto di essere fino in fondo come me, fragile nella carne, debole e senza potere, piccolino e povero.

Condivide. E già condividere è salvezza. Mite agnello redentor.