«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato la piccolezza della sua serva». Lc 1,46-48

L’Assunzione di Ma­ria al cielo in anima e corpo è l’icona del nostro futuro, anticipazione di un comune destino: an­nuncia che l’anima è santa, ma che il Creatore non spre­ca le sue meraviglie: anche il corpo è santo e avrà, trasfi­gurato, lo stesso destino del­l’anima. Perché l’uomo è u­no.

I dogmi che riguardano Ma­ria, ben più che un privilegio esclusivo, sono indicazioni esistenziali valide per ogni uomo e ogni donna. Lo in­dica benissimo la lettura dell’Apocalisse: vidi una donna vestita di sole, che sta­va per partorire, e un drago.

Il segno della donna nel cie­lo evoca santa Maria, ma an­che l’intera umanità, la Chiesa di Dio, ciascuno di noi, anche me, piccolo cuo­re ancora vestito d’ombre, ma affamato di sole. Con­tiene la nostra comune vo­cazione: assorbire luce, far­sene custodi (vestita di sole), essere nella vita datori di vi­ta (stava per partorire): ve­stiti di sole, portatori di vita, capaci di lottare contro il male (il drago rosso). Indos­sare la luce, trasmettere vi­ta, non cedere al grande ma­le.

La festa dell’Assunta ci chia­ma ad aver fede nell’esito buono, positivo della storia: la terra è incinta di vita e non finirà fra le spire della vio­lenza; il futuro è minaccia­to, ma la bellezza e la vitalità della Donna sono più forti della violenza di qualsiasi drago.

Vergine, anello d’oro del tempo e dell’eterno,
tu porti la nostra carne in paradiso 
e Dio nella nostra carne (D. M. Turoldo).

Anello d’oro, dove il tempo e l’eternità si innestano l’uno nell’altra, dove si passano le frontiere: carne di donna in paradiso, carne di Dio sulla terra. L’assunzione di Maria intona oggi il canto del valore del corpo. Dio non spreca le sue meraviglie e il corpo dell’uomo, che è un tessuto di prodigi, avrà, trasfigurato, lo stesso destino dell’anima, e Dio occuperà cuore e corpo e “sarà tutto in tutti” (Col 3,11). Questo corpo così fragile, così sublime, così caro, così dolente, sacramento d’amore e talvolta di violenza, in cui sentiamo la densità della gioia, in cui soffriamo la profondità del dolore, diventerà, nell’ultimo giorno, porta aperta, soglia spalancata alla comunione, trasparenza di cristallo, sacramento dell’incontro perfetto. Maria è la sorella che è andata avanti, il suo destino è il nostro, e già da ora. 

Il Vangelo presenta l’unica pagina in cui sono protago­niste due donne, senza nes­sun’altra presenza, che non sia quella del mistero di Dio pulsante nel grembo. Nel Vangelo profetizzano per prime le madri.

«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Prima parola di E­lisabetta, che mantiene e prolunga il giuramento irre­vocabile di Dio: Dio li benedisse (Genesi 1,28), e lo e­stende da Maria a ogni don­na, a ogni creatura. La pri­ma parola, la prima germi­nazione di pensiero, l’inizio di ogni dialogo fecondo è quando sai dire all’altro: che tu sia benedetto. Poterlo pensare e poi proclamare a chi ci sta vicino, a chi condi­vide strada e casa, a chi por­ta un mistero, a chi porta un abbraccio: «Tu sei benedet­to», Dio mi benedice con la tua presenza, possa bene­dirti con la mia presenza.

«L’anima mia magnifica il Signore». Magnificare signi­fica fare grande. Ma come può la piccola creatura fare grande il suo Creatore? Tu fai grande Dio nella misura in cui gli dai tempo e cuore. Tu fai piccolo Dio nella misura in cui Lui diminuisce nella tua vita.

Santa Maria ci aiuta a cam­minare occupati dall’avve­nire di cielo che è in noi co­me un germoglio di luce. Ad abitare la terra come lei, be­nedicendo le creature e facendo grande Dio.

Ermes Ronchi