“… risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.” Lc 21,28.
L’avvento è il tempo di attesa dell’incarnazione del Redentore, ci prepariamo nell’immaginario alla nascita di un bambino, che sarà il Messia, libererà il suo popolo ed istituirà il Regno. Sono trascorsi duemila anni da quella nascita ma ancora è difficile non coltivare una visione umana, un futuro immaginato di un regno a nostra misura ove trionfino finalmente la giustizia e la pace così come noi la intendiamo; un nuovo inizio, quasi un Capodanno. Le cronache di questi ultimi tempi: guerre, catastrofi naturali, violenze, omicidi insensati, suggeriscono da un lato l’urgenza dell’instaurazione di un mondo più giusto e dall’altro paventano il prossimarsi della fine.
Gesù usa immagini e termini forti di una catastrofe cosmica, un linguaggio tratto dai testi apocalittici che istintivamente incute paura e terrore ma che già immediatamente dopo apre alla nascita di un mondo nuovo e di un’umanità rinnovata nella giustizia, nella pace e nell’amore: ma l’angoscia, per quanto amara, avrà termine, perché il popolo di Dio raggiungerà la salvezza eterna, la felicità indistruttibile, la beatitudine di una vita, illuminata dalla Presenza di Dio.
Il Signore ancora una volta sconvolge le nostre limitate fantasie ed apre veramente ad un nuovo inizio con Il grande discorso escatologico di Luca nella visione del profeta Daniele del «Figlio dell’uomo», il Messia atteso.
Ma ancora come i primi cristiani siamo a domandarci quando verrà dunque il Figlio dell’uomo? Condivido la riflessione di Massimiliano Zupi: «Allora», ovvero nel momento di massimo male, quando la distruzione, portata avanti sia dagli uomini sia dalla natura, avrà sconvolto la terra. Allora e non in un altro momento: nelle tenebre e non nella luce, nel trionfo del non-senso e dell’ingiustizia. La gloria di Dio apparirà infatti in una nube: sotto il velo della sconfitta e della croce, dove la tenebra diventa luce, la sconfitta vittoria, la morte vita, la fine inizio, l’orrore bellezza, il disonore gloria, la debolezza potenza. Accanto al Crocifisso morente, il malfattore entrerà con lui nel paradiso, oggi stesso (Lc 23,43). La fine dei tempi è oggi: quando il male è vissuto accanto a Gesù, trasfigurato in amore.
Gesù, suggerisce suor Giuseppina Pisano, dunque, non ha lo scopo di terrorizzarci sulla fine del mondo, sulla perdita delle cose belle di cui godiamo, dei legami d’affetto che ci riempiono la vita, ma piuttosto svelarci il senso profondo della nostra vita, creature, che portano in sé l’immagine di Dio, e che giungeranno alla loro piena realizzazione nella comunione con la Trinità.
Il tempo di avvento, quindi, non è il tempo di attesa dell’incarnazione del Messia, è il tempo che ci vuole educare ad attendere la seconda e definitiva venuta del Figlio di Dio nella forma della gloria, quando tutto e tutti saremo uno in Lui. La Salvezza, il Regno è già qui con noi, ma non ancora in pienezza, la “liberazione” è vicina, ma appunto non ancora definitiva, una speranza che è certezza, Lui è già qui con noi perché Risorto, ma non ancora pienamente.
Il nostro avvenire, diverso da quel futuro che avevamo immaginato e progettato, al termine dell’esistenza temporale personale e cosmica è la visione della gloria di Dio, nel quale si realizzerà la nostra stessa gloria per mezzo di Cristo Risorto:”… che, a rimarcare la sua prossimità ad ogni creatura umana, ama chiamarsi il Figlio dell’Uomo.
MT