Le piogge tanto attese arrivarono con grande ritardo, dopo mesi di sole implacabile che aveva bruciato foglie, arbusti e reso l’aria pesante di polvere. La terra, gli uomini e gli animali attendevano ristoro. Alcune persone, per leggerezza o sbadataggine, accesero piccoli fuochi che, alimentati dal vento caldo, si trasformarono in vasti incendi, più numerosi del solito, devastando interi versanti di montagna. Si raccontava di gravi perdite: un apicoltore, accorso per salvare le sue arnie, ne vide bruciare una cinquantina; un contadino, nel tentativo di liberare le sue mucche, perse la vita insieme agli animali.
Due chiesette della parrocchia, situate sul fianco della montagna, furono risparmiate dalle fiamme solo perché circondate da un po’ di spazio libero, ma tutto intorno era terra nera e cenere, tronchi bruciati e alberi semicarbonizzati. Quello scenario di desolazione lasciò tutti senza parole. I cristiani dei villaggi, memori di altri incendi passati, decisero di reagire: con il parroco, i catechisti e i responsabili delle comunità prepararono il terreno per piantare nuovi alberi, così da ridare vita ai luoghi e creare anche un piccolo reddito per la parrocchia.
L’iniziativa fu accolta con entusiasmo e, grazie all’aiuto di amici, vennero piantati centinaia di alberi nei diversi villaggi, con
l’impegno di continuare dove la popolazione mostrava cura per le piantine. A questo progetto si aggiunse l’idea di contrastare la malnutrizione infantile piantando alberi da frutto, in particolare l’avocado, che cresce bene in quella zona e fornisce un frutto nutriente e prezioso. Le persone impararono così il valore e la ricchezza degli alberi e l’aiuto che la natura, benedetta dal Signore, può offrire per migliorare l’ambiente e la vita di tutti: una natura amica, da custodire e rispettare.