Mi ha sempre impressionato la capacità di attesa manifestata lungo tutta la storia della salvezza e declinata come fede dell’uomo.

Ancora oggi le donne ebree, al termine della preghiera fatta al muro del pianto, retrocedono risalendo la piazza all’indietro, per non dare le spalle al muro dietro il quale, come dice il Cantico dei cantici, sta arrivando l’Amato, il Messia. Nel vangelo che oggi ascoltiamo, l’attesa di secoli è concentrata nell’oscura figura di una vedova ottantaquattrenne.

La nostra capacità di attesa si è rattrappita e dura al massimo il tempo di un «clic»: come possiamo sentire vicina questa donna? Ma forse, più della nostra capacità di attesa si è rattrappito in noi l’amore per il Dio fedele.

E proprio questo dice che abbiamo bisogno di un salvatore!