Eccomi! Mi riconosco: questo sono io!
Un essere impastato di fango, ma anche di cielo, che sperimenta ora la sua fragilità, ora la sua altissima vocazione a essere partner di Dio.
Come si può stare dentro questa tensione senza sentirsi divisi, senza abbattersi ed esaltarsi in un’altalena continua di emozioni e stati d’animo? Coltivando la speranza, la più dimenticata delle virtù teologali: questo vermiciattolo, questa larva, questo «disutile servo tuo», come si definiva Francesco d’Assisi, è chiamato a non temere, a stare saldo nella sua piccolezza, perché l’aiuto di Dio si è fatto carne nel Figlio amato.
Ci ha fatto e continuamente ci fa, con la sua misericordia, figli amati: siamo resi per sempre corpo del Figlio.