“le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?»” Lc 3,10.
«Che cosa dobbiamo fare?» la domanda, rivolta al Battista è scandita tre volte, prima dalla folla, poi dai pubblicani ed infine da alcuni soldati. Ognuno di questi gruppi interroga il profeta su quello che deve fare per attuare la conversione che egli sta predicando. Giovanni dà indicazioni apparentemente diverse a seconda delle categorie: alla folla suggerisce la condivisione dei beni di prima necessità; agli esattori delle tasse dice di non esigere nulla di più della somma dovuta; ai soldati domanda di non estorcere niente a nessuno ma di accontentarsi delle loro paghe; indicazioni che ci interrogano: il giusto guadagno, la giusta paga, l‘approfittarsi, l’uso delle persone, ecc. Tre risposte per un identico cammino di conversione, nessuna categoria di persone è esclusa dal percorrere la strada della conversione per la salvezza, che si manifesta in impegni concreti di giustizia e di solidarietà.
Che cosa dobbiamo fare? Questa domanda, la sentiamo anche nella nostra quotidianità ma va riletta alla venuta di Colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali, alla sua nascita, morte e resurrezione; non si limita alla conversione, come era stato chiesto al Battista ma riguarda più propriamente l’accesso al Regno. La domanda è insidiosa, nella miopia della nostra mentalità umana, ancora legata allo schema del pio israelita che alle buone azioni e all’osservanza della Legge corrisponda il meritato premio; come dire che cosa è necessario per ottenere…. Il Regno è qualcosa da acquistare o conquistare a suon di buone azioni, così diventiamo noi i protagonisti di una Relazione privilegiata voluta dal Padre che per primo ci ha amato gratis, non riconoscendo che in forza del Battesimo, attraverso il Figlio (Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco), l’accesso al Regno è qui e ora.
La Grazia ricevuta e riconosciuta attraverso la consapevolezza del proprio limite e del valore della relazione istaurata è il fondamento della gratitudine che ci fa apprezzare e gustare ogni cosa della vita e dell’amore come straordinaria, ci abitua ad averne cura e a riscoprire la gioia quale dimensione particolare della conversione. Il profeta Sofonia ci dice Rallegrati, figlia di Sion, e l’apostolo Paolo ci esorta siate sempre lieti nel Signore. È la gioia che deriva dalla certezza che Il Signore è vicino con la sua tenerezza, la sua misericordia, il suo perdono e il suo amore che ci apre ad una gratuità ridonata, essere dono, farsi pane. Il cortocircuito virtuoso di Grazia ricevuta-gratitudine-gratuità ridonata si apre ad un amore fattivo per il prossimo che ci fa evangelizzatori nelle due grandi dimensioni della vita cristiana: la preghiera e l’azione per cambiare quello che non è degno della persona umana.
La risposta del nostro fare non è per acquistare il Regno, ma per manifestare concretamente quello che abbiamo già ricevuto nella grazia fin dal Battesimo e nell’Eucarestia: la Comunione con Lui! Il nostro fare è espressione, rendimento di grazie, restituzione di ciò che abbiamo già ricevuto, per togliere ogni ombra di merito e rimanga solo la Grazia! Tutto dipende dallo Spirito che abbiamo ricevuto e di cui abbiamo coscienza. Da qui la gioia.
La missione affidata, suggerisce Papa Francesco, avvicinare gli uomini al Regno di Dio, per dare loro la bella notizia che il Regno di Dio è vicino, anzi è arrivato, ha la frase chiave nelle consegne di Cristo ai suoi gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10,8), parole in cui c’è tutta «la gratuità della salvezza». Perché — ha chiarito il Pontefice — noi non possiamo predicare, annunziare il regno di Dio, senza questa certezza interiore che tutto è gratuito, tutto è Grazia e tra i tanti segni di questa gratuità ha individuato in particolare la povertà e la lode a Dio.
Una povertà che si esprime anche nel ridimensionare la propria immagine, affinché traspaia in noi il fratello misericordioso e attraverso noi si veda, e noi in loro, Cristo. Un percorso che trova pienezza evangelica quando sapremo pronunciare in libertà: Siamo servi inutili (Lc 17,7-10).
MT