«E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Lc 1,45.
Elisabetta accoglie Maria nella Sua casa e La chiama “beata” perché ha creduto ed è davvero beata perché ha creduto all’Amore di Dio per Lei e ha aderito con tutta se stessa alle promesse di Dio. A partire dal saluto dell’angelo Gabriele: “Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te!” (Lc 1,28), al concepimento verginale di Gesù, all’averlo dato alla luce, avvolto in fasce, deposto in una mangiatoia fino alla Sua morte, quando abbracciava quel corpo senza vita, sotto la Croce, ha sempre creduto che questi sarebbe risorto.
“Beata colei che ha creduto” Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo, non usa il pronome “tu” ma più genericamente colei, parola con valore universale; la beatitudine vale per tutti i credenti, per coloro che accolgono la Parola di Dio e la mettono in pratica diventandone così … fratello, sorella e madre (Mt 12,50). La prima beatitudine del Vangelo riguarda Maria ma è rivolta anche tutti coloro che la vogliono seguire e imitare; ogni discepolo può diventare “madre” del Signore a condizione è che creda alla Parola di Dio e che la viva.
La Vergine Maria si è consegnata completamente nelle mani di quel Dio onnipotente che fa nuove tutte le cose e che rende possibile ciò che umanamente sembra impossibile dal suo concepimento alla sua Resurrezione.
Inevitabile la domanda: noi abbiamo fede nel Signore? Crediamo veramente che risorgeremo? Una adesione priva della convinzione che Gesù è risorto e che noi con Lui risorgeremo riduce il Vangelo a una notizia. Il nostro “si” sulla scorta dei contenuti proposti (amore, giustizia, libertà…) benché entusiasmanti ne limitano l’orizzonte ad una adesione ideologica , un gran bel programma politico-sociale; ma credere nella resurrezione è altra cosa.
Difficile trovare nei vangeli motivazioni teoriche, ideologiche che diano senso ad una promessa così lontana dall’esperienza umana come la resurrezione; anche la risposta di Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio (Gv. 6-68,69) delinea un barlume di speranza ancora nebulosa.
Alle grandi domande di senso Gesù ci chiama alla sequela: a fare esperienza di Lui; bisognerà attendere la Sua Pasqua, per comprendere a quale avvenire siamo chiamati per vedere e toccare : Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco (Gv.20-27).
Papa Francesco nell’ omelia della II Domenica di Pasqua del 2018 orienta: Come possiamo vederlo? Come i discepoli: attraverso le sue piaghe. Guardando lì, essi hanno compreso che non li amava per scherzo e che li perdonava, nonostante tra loro ci fosse chi l’aveva rinnegato e chi l’aveva abbandonato. Entrare nelle sue piaghe è contemplare l’amore smisurato che sgorga dal suo cuore. Questa è la strada. È capire che il suo cuore batte per me, per te, per ciascuno di noi, -continua il pontefice- come i discepoli, abbiamo bisogno di vedere Gesù toccando il suo amore. Solo così andiamo al cuore della fede e, come i discepoli, troviamo una pace e una gioia più forti di ogni dubbio.
Per vederlo, paradossalmente, per fare l’esperienza del suo Amore, occorre entrare nelle sue ferite che sono le nostre, cioè proprio attraverso l’esperienza del dolore, prova, malattia, fallimenti vari, se ci entriamo affidandoci (credendo come Maria!), facciamo esperienza di Lui! Paradossale ma vero!
Il “Mio Signore e mio Dio” esclamato da Tommaso, non è un semplice atto di fede, è un vedere il Signore, ciò che egli è. Tommaso è ognuno di noi. Impossibilitati a vedere e toccare il Signore, possiamo farne esperienza all’interno della comunità riunita nel suo nome. Comunità ed Eucarestia sono le vie dell’incontro con il Risorto. Ognuno portando il proprio vissuto, lieto o faticoso che sia; è nella dimensione comunitaria del sostegno reciproco, nella preghiera, nella testimonianza e nella concordia l’incontro con Dio.
Maria è la prima dei beati, nel Suo Magnificat, ci ricorda che Dio è fedele per sempre e realizza tutte le Sue promesse e che anche noi siamo chiamati alla medesima beatitudine: beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! (Gv.20-29)
MT